L’educazione alimentare comincia da piccoli

Intervista ad Alberto Canessa, dietista ed esperto di nutrizione umana

«Il basilico genovese, il basilico ligure, è un alimento regale. Lo dice la stessa etimologia della parola – dal greco basilikón phyton [βασιλικων φυτων, ndr], letteralmente “pianta regale, maestosa”, a sua volta derivato da basileus [βασιλεύς, ndr] “re” – che, di per sé, ha origini antichissime: il basilico “è il re della cucina genovese, della cucina ligure. E, per alcuni, forse di parte, il re della cucina italiana».

Presenta così Alberto Canessa, esperto dietista genovese, il nostro basilico: «un alimento ricco dal punto di vista nutrizionale e, soprattutto, che aggiunge valore alle ricette in cui viene inserito».

La cucina più ricca del mondo

Non di rado la cucina ligure a volte viene considerata una cucina povera. Anche per questo «il basilico è un alimento che aggiunge ricchezza, aggiunge nutrienti, aggiunge antiossidanti e aggiunge valore ad alimenti che spesso magari finiremmo per buttare, come nel caso del classico piatto della cucina ligure: il minestrone genovese».

Quando si parla di apporto nutrizionale, insomma, il basilico vanta un quid in più, che contribuisce a renderla uno dei vessilli nella Liguria nel mondo. «Il minestrone genovese – continua Alberto Canessa – è un piatto fatto di alimenti tradizionalmente considerati poveri, come i legumi, ma che in realtà sono ricchi dal punto di vista nutrizionale. Ma soprattutto il minestrone è un esempio di cucina in cui “non si butta via niente”: un piatto in cui si possono mettere gli avanzi, i gambi delle verdure e tutti quegli alimenti che noi, nella fretta, tenderemmo a scartare e a buttare. In questo scenario, il basilico figura come un alimento che va ad aggiungersi ai pasti: non compone di per sé un pasto, ma crea valore dal punto di vista culturale e nutrizionale».

Il Basilico Genovese DOP da un punto di vista nutrizionale

Il basilico – e ancor di più il Basilico Genovese DOP, la cui denominazione d’origine ne certifica qualità e provenienza controllate – è ricco di nutrienti e micronutrienti, vitamine e antiossidanti, indispensabili per il nostro organismo e la salute globale del nostro corpo. «Dal punto di vista dei minerali – prosegue Canessa – il basilico è ricco di manganese, un micronutriente di cui non si parla mai, ma che è fondamentale per il funzionamento del nostro sistema nervoso, oltre che di ferro, magnesio e potassio, elementi utili al funzionamento di tutto l’organismo, dalla “centrale operativa” che è il cervello fino ai globuli rossi».

Rispetto ad altre erbe aromatiche – che magari hanno un potenziale nutritivo molto ricco, ma di cui vengono utilizzati pochi grammi – in cucina il basilico viene indubbiamente usato in quantità anche importanti. È il caso del pesto genovese: si pensi che, per la sola preparazione di questa celebre e gustosissima salsa, vengono usate anche diverse decine di grammi di basilico. Si parla di dosi per cui i nutrienti contenuti al suo interno, anche rapportati alle porzioni, raggiungono quote davvero importanti. «Ancora più importanti in questo senso – aggiunge lo specialista – sono gli antiossidanti contenuti al suo interno. Il basilico è ricco, ad esempio, di flavonoidi e betacarotene, cui si aggiungono svariati elementi che combattono lo stress che le nostre cellule accumulano giornalmente e che vengono utilizzati dal nostro corpo per proteggere la pelle, i tessuti, gli organi e, più in generale, le cellule tutte e l’intero organismo». Ma c’è molto di più.

Il sapore della tradizione

Oltre al valore nutrizionale, il basilico ci insegna a riscoprire la cucina. «Qualsiasi pietanza che noi ci mettiamo a cucinare ha un valore maggiore rispetto all’abitudine, ormai troppo diffusa, di comprare il cibo già pronto. Tutto quello che è fresco, che viene dalla nostra terra e dal nostro “vicinato” – si pensi che qualcuno il basilico se lo coltiva anche a casa – ha di per sé un valore nutrizionale maggiore rispetto a quello che è processato e ultra processato. Oltre a questo, il basilico ci insegna a riscoprire alcune ricette del nostro territorio, a riscoprire alimenti come i legumi e le verdure stesse, tutti alimenti che vengono erroneamente considerati poveri e lenti da cucinare, ma che in realtà aggiungono valore alla nostra nutrizione alla nostra cucina. Aggiungono valore al nostro “stare a tavola” tutti insieme, intorno a un piatto caldo. Bisogna imparare a sedersi e a gustarsi un piatto di pasta al pesto, di minestrone o, perché no, di farinata, che, anche se magari non c’entra col basilico in sé, fa comunque parte della nostra tradizione».

Un alimento “a tutto tondo”, insomma, che contribuisce a rendere quotidiana una pratica oggi più che mai fondamentale: imparare a riconoscere la qualità degli alimenti che si comprano e sapere che alcuni di essi – come nel caso del Basilico Genovese DOP – hanno una filiera controllata anche attraverso dei meccanismi di coltivazione anche molto severi. Tutto questo «fa sì che la garanzia della qualità di un alimento sia certificata e rende i consumatori sicuri del fatto che, rispetto a un alimento come il pesto comprato al supermercato, quei nutrienti siano preservati».

Un insegnamento “da seminare”

Anche per questo, «è fondamentale – conclude Alberto Canessa – che l’educazione alimentare parta dai bambini, perché i bambini non solo imparano a mangiare, ma siamo noi a insegnare loro il modo migliore di farlo. Sia da un punto di vista nutrizionale che da uno più prettamente culturale. Mangiare è un atto sociale oltre che un atto di nutrizione: un modo per stare insieme e imparare cosa serve al nostro corpo. Ciò che il Consorzio di Tutela fa con i suoi laboratori dedicati e la sua attività di divulgazione è seminare. E lo fanno anche le famiglie, le scuole, gli insegnanti: tutti seminiamo i nostri “semi di basilico” nei bambini. Prima o poi questi semi cresceranno, e anche i bambini con loro. E, una volta diventati adulti, impareranno loro stessi a riconoscere il valore degli alimenti, a fare la spesa, a cucinare e a mangiare in compagnia nella maniera più buona e sana che ci sia».

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