Crisi energetica : lo scenario del Basilico Genovese DOP e conseguenze sulla filiera agroalimentare del pesto .

Che Liguria sarebbe senza pesto genovese? E che pesto sarebbe senza Basilico Genovese DOP? 

Anche se le conseguenze dalla crisi energetica sono sotto l’attenzione di tutti,  poter gustare il prelibato pesto genovese probabilmente appare come un diritto acquisito, rito intoccabile per un ligure e  delizioso incanto per il resto del mondo.

Chi ha a cuore la tradizione e il legame col territorio sa che non c’è pesto senza Basilico Genovese DOP e li vede come un binomio intoccabile.

Eppure oggi il matrimonio pesto – Basilico Genovese rischia grosso.

L’aumento dei costi dell’energia sta mettendo in seria difficoltà la filiera del prodotto DOP, ossia quello con certificazione d’origine ligure garantita.

Ma salvaguardare il nostro prodotto simbolo si può:  un consumatore e una filiera che scelgono consapevolmente la produzione certificata DOP possono davvero fare la differenza, dando valore a ciò è valore e si distingue da un prodotto di consumo massivo.

L’analisi del Consorzio di tutela

Il Consorzio di tutela porta la voce preoccupata delle aziende, mettendo in luce un’analisi del punto di vista dei produttori, senza dimenticare il contesto di continua ascesa della filiera DOP del Basilico Genovese  che lo posiziona come protagonista dello scenario socio-economico della Liguri e come prodotto simbolo nel panorama del Made in Italy, come dimostra anche la crescente attenzione dei media nazionali e internazionali.

Allarme in serra

Il Basilico Genovese DOP coltivato in Liguria  consente una fornitura continua grazie alla produzione in serra, che garantisce le condizioni climatiche e di coltivazione ottimali per ottenere le caratteristiche del prodotto da consumare fresco. I costi dell’energia combustibile necessaria al riscaldamento delle serre sono già raddoppiati nei mesi estivi e ora rischiano di bloccare la produzione invernale di Basilico Genovese DOP in serra.

L’evoluzione energetica c’è, ma i costi delle energie rinnovabili sono alle stelle.

Prima degli anni duemila il combustibile più diffuso in serra era il gasolio, oggi invece si assiste a una sensibile conversione energetica della maggior parte dei produttori di Basilico Genovese DOP, anche grazie alla spinta imprenditoriale sostenuta dalla certificazione di origine.

Il riscaldamento in serra oggi avviene per lo più con materiale compostabile come pellet e biomasse, ma nell’attuale contesto socio-economico per contenere i costi potrebbe non bastare.

Abbiamo visto duplicare il prezzo del gasolio negli ultimi anni ma appare ancor più allarmante che per il pellet si assista a un aumento del 300% del costo: se a inizio 2021 il costo era di 240 euro a tonnellata, nel 2022 il prezzo è iniziato a salire a 270 euro a tonnellata, fino ad arrivare oggi a ben 750 euro. Difficilissimo per le aziende sostenere costi del genere quando viene utilizzata 1 tonnellata di prodotto al giorno per mantenere la temperatura in una serra di 3.000 mq. “ dichiara l’imprenditrice agricola Annamaria Carrea.

Per permettere la produzione agricola in tale contesto, il prezzo al dettaglio del Basilico Genovese DOP fresco dovrebbe subire un incremento del prezzo del 40% circa e qualora il mercato non fosse pronto ad accogliere tale variazione, alcune aziende rischiano di dover interrompere la produzione. Potrebbe tuttavia trattarsi di una soluzione momentanea. Soluzioni? Parziali e sul lungo termine: si possono valutare materie combustibili differenti rispetto al pellet, come il guscio di nocciola o di mandorle o la sansa secca, che tuttavia non solo necessitano di modifiche strutturali agli impianti delle caldaie per garantirne la compatibilità, ma presentano anche difficoltà di reperimento non da poco.

Altro aspetto: se per alcuni produttori a preoccupare è principalmente il riscaldamento delle serre, per altri la fornitura elettrica gioca un ruolo chiave.

In molti, già da diversi anni, stanno adottando i pannelli solari in azienda, ma i nuovi impianti sono un investimento che ha bisogno di tempi tecnici per dare frutti.

Potremmo dover decidere, per la prima volta in quasi 100 anni di attività, di tenere ferma la produzione quest’inverno. In tutta la mia carriera non ho mai visto una situazione cosi preoccupante alla vigilia della semina. dichiara Giovanni Ratto dell’azienda più antica di produzione del Basilico Genovese DOP.

Importantissime nei prossimi mesi saranno le scelte dei consumatori.

I dati ISTAT dimostrano come negli ultimi trent’anni il cibo sia relegato a fattore secondario a cui viene dedicata una percentuale di spesa sempre più bassa. Per difendere la “comunità culturale” in cui tutti siamo profondamente legati ai prodotti e alle tradizioni territoriali, la massima attenzione e riflessione di fronte alle scelte di acquisto è non solo auspicata, ma imprescindibile.

Il bollino della DOP è un “faro” che ci può guidare in questo senso, soprattutto quando si tratta di un consumo qualitativo e non quantitativo.

 

E l’industria alimentare del pesto genovese pronto?

Sebbene i costi energetici diretti della produzione in pieno campo di Basilico Genovese DOP non siano alti, le ripercussioni dell’aumento dei costi non stanno tardando ad arrivare anche nella filiera protagonista del pesto trasformato.

Il Basilico Genovese raccolto in pieno campo viene spuntato e per la maggior parte venduto sotto forma disemi-lavorato con Basilico Genovese DOP”, in una filiera strettamente connessa alla produzione agricola capace di garantire il suo utilizzo nel tempo nella produzione industriale di pesto genovese. Anche per la filiera del semilavorato, che comporta l’utilizzo di impianti ad alto dispendio energetico, sarebbe  quindi necessario aumentare il prezzo di circa il 20%. Tuttavia al momento  l’industria non mostra la possibilità di sostenere un costo del genere all’interno di una lista ingredienti del pesto genovese molto “cara”. Eppure proprio il Basilico Genovese DOP dovrebbe essere l’ultimo da mettere a rischio!

La situazione delineata ha un impatto che nei prossimi mesi condizionerà parecchio sia l’acquisto dei bouquet di Basilico Genovese DOP, sia quello di pesto genovese pronto in cui esso viene utilizzato come ingrediente principale.  Una disamina più approfondita del Consorzio di tutela con la filiera distributiva potrà presto fornire altri elementi di ragionamento.

Ma non può e non deve essere solo una dinamica di mercato “autoregolata”: nel momento in cui i prodotti a denominazione di origine sono utilizzati come esempio d’eccellenza del territorio italiano in tutto il mondo, è giunto forse il momento di dimostrare anche da parte delle istituzioni un’attenzione alle produzioni “simbolo”.

Nei prossimi mesi dovremo collaborare affinché vengano attuate policy a livello nazionale per far fronte alla situazione. Al tempo stesso potremo a livello territoriale mettere in campo soluzioni innovative per incentivare strategie di economia circolare, che da una parte ci potrebbero permettere di contenere i costi di produzione, dall’altra migliorare l’impatto che la filiera ha sull’ambiente.

Vogliamo forse rinunciare a un pesto fatto con Basilico Genovese DOP?

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